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								La Città Etrusca 
								
								 Dalla 
								vetta del colle s'intuiva il Tevere, via d'acqua 
								e frontiera liquida. Etruschi e genti italiche 
								ne avrebbero presto condiviso risorse, 
								attestandosi sulle due sponde. A destra gli uni, 
								a sinistra gli altri. Chiunque avesse deciso di 
								farlo, quella sommità esposta a vento e sole 
								sarebbe stata un buon posto per fondare una 
								città. Qualche villaggio, nella piana 
								sottostante l'altura, cominciava ad animare gli 
								acquitrini già dall' XI secolo a.C. Poi le 
								tracce in collina, due secoli dopo, di abitanti 
								villanoviani.  
								Gli antenati degli Etruschi avevano iniziato ad 
								aggredire il colle. La futura Perugia da segno 
								di sè solo intorno al VI secolo a.C., ben più 
								tardi rispetto ai centri famosi dell'Etruria 
								costiera. I pochi indizi archeologici 
								suggeriscono infatti il conseguimento di qualche 
								forma di prosperità. Famiglie facoltose ed 
								egemoni cominciano ad esercitare una notevole 
								forza di attrazione per le comunità sparse nelle 
								campagne, sollecitando migrazioni verso il 
								centro urbano. La città cresce e ben presto 
								entra nella confederazione. Dodici influenti 
								centri danno vita alla dodecapoli, sorta di 
								consiglio superiore, riconosciuto da tutti i 
								popolo etruschi. Dopo questa fase di opacità, 
								dovuta alla scarsità dei dati, una rilevante 
								crescita economica e politica sembra 
								caratterizzare i periodi successivi, a partire 
								dal IV secolo a.C.
								
								  
								D'ora in avanti la storia di tutti i centri 
								Etruschi sarà condizionata dalla crescente 
								influenza di Roma. Durante questo periodo, fino 
								agli inizi del III secolo a.C., le tombe 
								restituiscono corredi di classi elevate. Più 
								tardi, in epoca ellenistica, il proliferare di 
								sepolture appartenenti a famiglie di media 
								levatura certifica un più diffuso benessere. Le 
								risorse del territorio, il commercio, 
								l'artigianato, garantiscono prosperità. Il 
								fiorire di botteghe specializzate, molto attive, 
								risponde ad un' accresciuta domanda del mercato 
								funerario. I rintocchi degli scalpellini 
								trasformano il travertino nelle tipiche urne 
								perugine, spesso ornate di miti. Sara il 
								lapicida ad incidere i nomi dei defunti, 
								consegnati alla pietra perenne. Dai cantieri 
								delle cave si modellano blocchi possenti per 
								cingere di mura la città etrusca di Perugia. 
								 
								 
								MURA E 
								PORTE 
								
								
								L'impianto urbano della città etrusca è 
								intuibile dalla sua cinta muraria, tre 
								chilometri di travertino che si snoda, 
								adattandosi al tormentato andamento del colle. 
								Filari di blocchi squadrati, assemblati a secco, 
								compongono il caratteristico tessuto di pietra 
								rugosa, ben visibile per lunghi tratti. Un 
								monumento imponente, probabilmente costruito in 
								tempi brevi. Grandi e piccole porte ne 
								interrompono il ritmo. Sono varchi per carri o 
								accessi per il traffico pedonale. Maestoso, 
								spalleggiato da due torri, si erge l'Arco di 
								Augusto. Baluardo sferzato dalla tramontana, 
								scruta con fierezza i monti di Gubbio.Più 
								monumentale e densa di valori simbolici, Porta 
								Marzia sembra accogliere chi viene dal Tevere, 
								da Assisi, Orvieto o Roma. Messaggi articolati 
								affidati al linguaggio architettonico. Vel Rafi, 
								architetto dall'ampia fronte, si affaccia dalla 
								sua urna al Museo. Ottenne onore dal ritratto. 
								Lui, che maneggiò regolo e pietre, si volle 
								descritto davanti ad una porta cittadina. 
								All'interno delle mura, l'acqua. Risorsa vitale 
								in presenza di assedi protratti. Dunque pozzi, 
								cuniculi e cisterne. Opere pubbliche concepite 
								dagli ingegneti etruschi per dissetare la città. 
								Grandioso e pressochè unico, per l'ardita 
								concezione architettonica, è il Pozzo Sorbello, 
								scavato sull'Acropoli. Ancora blocchi di 
								travertino. Un rivestimento accurato ed una 
								tecnica infallibile. La stessa che ha disposto i 
								filari di roccia intorno alla città. 
								 
								
								 Per 
								la datazione delle mura si può proporre la 
								seconda metà del III sec. a. C., anche se 
								recenti studi tendono a datare un tratto del 
								settore settentrionale già alla fine del IV sec. 
								a.C. Lunga 3 chilometri circa, visibile per ampi 
								tratti, la cinta segue un tracciato 
								caratterizzato da profonde rientranze, in 
								corrispondenza di fossi, e altrettanze 
								sporgenze, con il caratteristico disegno a 
								trifoglio. 
								Impostate a metà costa, le mura sono costruite 
								con grandi blocchi di travertino, disposti in 
								filari. Larghe, dove è possibile verificare, 
								circa m. 2,60-2,80, si rastremano alla sommità, 
								dove corre un camminamento di ronda indicato da 
								un filare aggettante, al di sopra del quale 
								erano impostate almeno due assise. In 
								corrispondenza delle principali vie di accesso, 
								si aprivano le porte con i loro archi 
								monumentali: le principali erano disposte 
								sull'asse Nord-Sud, Arco Etrusco-Porta Marzia, 
								poco distanti tra di loro e separate da un 
								intermedio avvallamento. 
								Da qui si dipartivano le vie dirette a Nord 
								verso Gubbio, a Sud verso Roma, ed altre quattro 
								porte, Arco di S. Luca o porta Trasimena, Arco 
								della Mandorla, Porta S. Ercolano, Arco dei 
								Gigli, collegavano la città alle altre 
								importanti direttrici del territorio. A questi 
								ingressi si aggiungevano porte minori dette 
								postierle, per il traffico pedonale. 
								La Porta Marzia, di cui rimane la parte 
								superiore, è inserita nel bastione della Rocca 
								Paolina, ma spostata e ricomposta pietra su 
								pietra da Antonio da Sangallo di circa 4 metri 
								in avanti rispetto alle mura etrusche. L'arco, a 
								semplice giro di conci, limitati da una 
								modanatura esterna è fiancheggiato da due teste, 
								forse di divinità protettrici della città. 
								Sopra una specie di loggia, chiusa in basso da 
								transenne e sostenuta da pilastri scanalati con 
								capitelli del tipo corinzieggiante, sono 
								inseriti i busti scolpiti di tre personaggi e 
								alle estremità due teste di cavallo. Due 
								iscrizioni romane AUGUSTA PERUSIA e COLONIA 
								VIBIA AUGUSTA ricordano i benefici ricevuti da 
								Augusto e lo ius coloniae concesso da Treboniano 
								Gallo (251-253). | 
							 
							
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								Arco 
								Etrusco  | 
								
								 
								
								Mura 
								Etrusche  | 
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